sabato 12 febbraio 2011

Se non ora quando. Archeologhe

di Giuseppina Manca di Mores
Presidente ANA Sardegna

La donne archeologhe sono tante - probabilmente sono la maggioranza - in questo mestiere, e lo svolgono, a diversi livelli, negli enti di tutela, nella ricerca, nella promozione della cultura, come libere professioniste e in tanti altri ruoli. In molte ancora si dibattono nel tentativo di trasformare quegli studi nei quali hanno fermamente creduto in un mezzo di sostentamento per sé e la propria famiglia, in un settore come quello della cultura mai come oggi disordinato, forse anche non compreso, spesso privo di tutele.

Eppure è proprio un problema di cultura quello che si pone all’attenzione in questo momento nel mondo femminile. Lo sanno bene le donne archeologhe, che hanno scelto di studiare e interpretare il passato per restituirlo al loro presente e al futuro dei loro figli, accedendo e facendo proprio quel patrimonio di conoscenze che insegna a leggere e ricomporre, attraverso gli oggetti e i frammenti, i modi in cui uomini e donne di volta in volta hanno risolto insieme la loro esistenza. Sono abituate a leggere diversità, differenze, similitudini e aspetti comuni come manifestazioni diverse legate da meccanismi, anche e soprattutto di potere, per mezzo dei quali si realizzano e si intrecciano.

E nel far questo, anche nelle situazioni lavorative più difficili, accedono al privilegio della conoscenza, alla capacità di spiegare per sé e per gli altri le realtà complesse, alla disponibilità di strumenti ampi per capire, e infine alla possibilità rara di dirigere e determinare sempre più, con la loro mente e le loro mani, la propria esistenza, rifiutando deleghe mortificanti della propria dignità.

Queste donne, insieme alle altre, possono fare la differenza per sé, per i loro compagni spesso uniti nella passione per lo stesso mestiere e lo stesso sentire, per figlie e figli trasmettendo e restituendo alla collettività quella conoscenza che le spetta. Perché la consapevolezza dei propri diritti e della propria dignità che nasce dalla dimestichezza coi meccanismi di accesso alla conoscenza porta a capire e a incidere affinché i diritti e la dignità di tutte e di tutti vengano riconosciuti, condivisi e dunque rispettati.

Per tutte le colleghe che sentono come propri questi pensieri, c’è la possibilità di sentirli insieme domenica 13 febbraio, alle 11.00, in Piazza d’Italia a Sassari. 
Se non ora, allora quando?

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