venerdì 10 dicembre 2010

Un altro NO ai tagli al personale del MIBAC

Dal Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici la richiesta di non attuare l'ulteriore taglio del 10% dell'organico del MIBAC e di riavviare, invece, le procedure di turn over.

http://www.uilbac.it/phpbb/viewtopic.php?f=1&t=7744

domenica 5 dicembre 2010

il patrimonio archeologico italiano non è solo Pompei

La denuncia del Sindaco di Sant'Antioco:
"La negligenza e il disinteresse del Governo verso il patrimonio culturale italiano non colpisce solo Pompei".
http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/205573

L'ho già detto, lo ripeto e non smetterò di ripeterlo.
Non è sufficiente il "piano straordinario per Pompei", è necessario un "piano di rilancio" che applichi i provvedimenti previsti per Pompei a tutto il patrimonio archeologico.

Sempre che per "Soprintendente con poteri più incisivi per la tutela" si intenda "Soprintendente Archeologo con poteri più incisivi per la tutela".
Sempre che "archeologi e architetti" siano reclutati aprendo le graduatorie d'idoneità dell'ultimo concorso e, al loro esaurimento, con nuovi concorsi.
Sempre che si chiarisca cosa si intende per "personale tecnico addetto" e che le relative modalità di selezione, qualora non ci siano graduatorie cui attingere, siano trasparenti.

Ciò non solo per il patrimonio archeologico, ma per il patrimonio culturale nel suo complesso, con le specifiche professionalità e competenze necessarie.

venerdì 3 dicembre 2010

qualche dettaglio sul piano straordinario per Pompei

niente manager, almeno a Pompei
personale tecnico specializzato della Ales S.p.A.
archeologi e architetti "reclutati riaprendo le graduatorie del Ministero"

http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=78658

Per la tutela del patrimonio culturale

Le lettere del Comitato tecnico scientifico per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e dei funzionari tecnico-scientifici ed amministrativi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=78685

il piano (stra)ordinario per Pompei...e il patrimonio archeologico che non è Pompei?

Il "piano straordinario" per Pompei annunciato dal MIBAC elenca provvedimenti che costituiscono il dovere minimo dello Stato nei confronti del patrimonio archeologico che è chiamato a proteggere.
Disporre di Soprintendenti "con poteri più incisivi per la tutela" dei siti loro affidati, "personale tecnico addetto" e "archeologi, architetti e operai specializzati" sufficienti ad assicurare la tutela e la pubblica fruizione dei siti non dovrebbe essere un evento straordinario ma la normalità.
Piuttosto che niente meglio piuttosto...
Pompei è un sito speciale e merita senza dubbio un'attenzione speciale.
Ma non è l'unico.
Non dimentichiamo, per favore, che non è l'unico.
Il piano sarebbe realmente straordinario se, finalmente, da ora divenisse la regola dell'azione dello Stato e se riguardasse tutto il patrimonio archeologico, tutto il patrimonio culturale.

giovedì 2 dicembre 2010

un altro piano straordinario per Pompei

"ricostituzione della soprintendenza autonoma di Pompei"
"soprintendente dotato di poteri più incisivi per la tutela del sito"
"aumento del personale tecnico addetto"
"task force di archeologi, architetti e operai specializzati"

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/12/02/news/piano_straordinario_per_pompei_torna_la_soprintendenza_autonoma-9776419/?ref=HREC1-4

attendiamo i dettagli

Blogging Pompeii: Autonomous Superintendent set to return to Pompeii...

Blogging Pompeii: Autonomous Superintendent set to return to Pompeii...: "News this afternoon from MiBAC that Pompeii is once again to have an autonomous superintendent (but also that plans for the creation of a pr..."

...quanta voglia di scappare il più lontano possibile...

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ecco-cosa-fanno-a-pompei/2139405

Le perplessità dei funzionari tecnici delle Soprintendenze Archeologiche

http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=78511

Beni culturali arrivederci..o addio?

La seduta parlamentare per la mozione di sfiducia al Ministro per i Beni e le Attività Culturali è saltata.

Era un’occasione speciale perché la politica si confrontasse, in Parlamento, con i proclami delle ultime settimane sull’importanza del patrimonio culturale e sulla necessità della sua tutela.
Perché ai proclami seguisse un serio interesse, se non proprio un impegno, ad affrontare la questione con qualche serietà.

Ma quei proclami erano solo parole, come sempre.
Mentre i problemi restano e resta la superficialità e la manchevolezza dell’approccio politico.

Da una parte (politica) si continua ad ignorare i problemi reali della tutela, a cercare soluzioni laddove non ci sono (per esempio con la stabilizzazione di 150 precari della Protezione Civile necessari “anche in relazione alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale”) anzi che attingere dal patrimonio, disponibile, di professionalità adeguate, accertate e selezionate con criteri trasparenti, a rifiutare di ascoltare chi propone, con le competenze per farlo, misure concrete perché non vada tutto irrimediabilmente perso.

Dall’altra parte (politica) si sorvola e si lascia non fare e imporre iniziative a dir poco discutibili.

Come la stabilizzazione di 150 precari della Protezione Civile necessari “anche in relazione alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale”.
E mi ripeto sì, perché questo provvedimento, passato pressoché inosservato, pone questioni di una certa gravità, anche prescindendo (?) dalla consuetudine ad un immorale esercizio del potere, nei confronti del quale non si indigna, ahimé, più nessuno.

Il provvedimento decreta la svalutazione delle professionalità del settore. Alla tutela del patrimonio culturale non servono archeologi, architetti, storici dell’arte, bibliotecari, archivisti, assistenti alla vigilanza ecc., con la loro formazione ed esperienza specialistica e specializzata, magari anche già valutata idonea alle necessità delle istituzioni che di quel patrimonio si occupano.
È sufficiente disporre di persone, qualunque sia la loro preparazione o competenza, meglio se impreparati o incompetenti. Di beni culturali si possono occupare tutti. Non importa se male.

Il provvedimento tradisce la volontà di liquidare la tutela del patrimonio culturale come “emergenza”, imbrogliando il dovere di considerarla una precisa responsabilità.
Cui far fronte con un’attività programmata e non improvvisata, costante e non estemporanea, supportata da adeguati “saperi” (tecnici e storici) e non da malcelati populismi.

Per (s)fortuna c’è Pompei, che crolla muro dopo muro.
Per (s)fortuna c’é Pompei, almeno finché i crolli faranno notizia.
O finché ci saranno muri da crollare.

lunedì 29 novembre 2010

Ancora "emergenza" per i beni culturali

Un colpo basso, l'ennesimo.
Non è solo lo spettacolo dei potenti che riscrivono le regole per garantirsi altro potere, e già basterebbe.
È anche l'alibi addotto che fa soffrire e umilia, come immagino accada ad altri in circostanze analoghe.
La deroga al blocco delle assunzioni che ha consentito alla Protezione Civile di stabilizzare 150 precari (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bertolaso-lultima-vergogna/2139116) è spiegata con la necessità di quel personale "anche in relazione alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale".
Mi piacerebbe sapere quali sono queste iniziative.
Mi piacerebbe sapere quali sono le "esperienze acquisite" che si intende "valorizzare".
Mi piacerebbe sapere quali sono le competenze del personale assunto che dovrà occuparsi di tali iniziative.
Mi piacerebbe sapere sulla base di quali criteri competenze ed esperienze sono state valutate.
Mi piacerebbe sapere perché il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione è stato tolto per assumere, senza concorso, il personale in questione, necessario "anche in relazione alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale".
Mi piacerebbe sapere perché, invece, il blocco delle assunzioni NON è stato tolto per assumere persone in possesso dei requisiti richiesti, abilitate da un pubblico concorso ad occuparsi della tutela del patrimonio culturale e inserite in specifiche graduatorie di merito.
Mi piacerebbe sapere perché a queste persone viene chiesto di aspettare il proprio turno - stabilito dai meccanismi (perversi) del turn over e dei tagli agli organici - mentre la tutela del patrimonio culturale viene, nel frattempo, affidata ad altri, non selezionati con le stesse modalità.
Mi piacerebbe sapere perché a queste persone viene chiesto di "rispettare la fila" mentre altri la scavalcano impudentemente e impunemente.

Mi piacerebbe che si smettesse di sbandierare l'ipocrisia del "merito".
Piuttosto bisognerebbe avere il coraggio di ammettere che per il "merito" in Italia non c'é posto.

il cannocchiale

Le frustrazioni di un'archeologa 2

Stabilizzazione di 150 precari della Protezione Civile, senza concorso, con relativa deroga al blocco delle assunzioni "anche con riferimento alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale".

http://informarexresistere.fr/bertolaso-lultima-vergogna
http://www.pressante.com/politica-e-ordine-mondiale/italia/1734-bertolaso-lultima-vergogna.html
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bertolaso-lultima-vergogna/2139116

Vado via perché se è vero mi sento presa in giro, di nuovo.
Resto qui perché....a questo punto non saprei proprio trovarla una ragione..

domenica 28 novembre 2010

Le frustrazioni di un'archeologa

Non voglio rassegnarmi a considerare conclusa e travalicata quella civiltà nella quale il pensare storicamente era il criterio più alto del comportamento umano, perché in un prevalere del mondo che avesse per modello la tecnica io vedo un enorme pericolo per la libertà razionale dell'umano pensare e dell'umano agire.
Il mondo costruito sul modello di una civiltà prevalentemente tecnica, che non ha bisogno di essere storicizzato, è retto, in realtà, dalle forze politiche che governano la tecnica.[.....].
Solo il pensiero storico si è opposto in passato e può opporsi in futuro ai disegni di dominio assoluto dei politici.

Ranuccio Bianchi Bandinelli
Introduzione all’archeologia, Laterza, Roma-Bari,1976
(Avvertenza, firmata il 4 maggio 1970)


giovedì 25 novembre 2010

I beni culturali muoiono e noi NON POSSIAMO stare a guardare

Voglio ringraziare il presidente dell'Associazione Nazionale Archeologi Tsao Cevoli e l'ANA tutta per l'intervento alla conferenza stampa di presentazione dell'appello al Presidente della Repubblica in favore dei beni culturali, con il quale sono state proposte misure concrete per non stare a guardare inerti lo sfacelo del settore:

"riconoscimento legislativo e regolamentazione della professione di archeologo e delle altre professioni dei beni culturali" 
"rafforzare le strutture pubbliche di tutela", cui gioverebbe "provvedere all'assunzione degli idonei dell'ultimo concorso e a bandire nuovi concorsi per il Ministero"
(per il resoconto dettagliato dell'intervento dal quale sono tratte le citazioni vedi: http://www.archeologi.org/web/news.asp?id=651)

Misure concrete quelle proposte dall'ANA, non parole a vanvera che, onestamente, ci hanno stancato.
Misure concrete, dalle quali può ripartire una politica seria dei beni culturali.
Qualcosa si deve fare e qualcosa si può fare.

Firmate appello Per Pompei e la cultura

http://www.petizionionline.it/petizione/per-pompei-e-la-cultura/2507

martedì 23 novembre 2010

Don (Ab)Bondi e il tracollo dei beni culturali italiani - micromega-online - micromega

Don (Ab)Bondi e il tracollo dei beni culturali italiani - micromega-online - micromega

Con la cultura a NON mangiare siamo solo noi

Con la cultura a NON mangiare (letteralmente non metaforicamente) siamo solo noi "professionisti dei beni culturali" (archeologi, architetti, storici dell'arte, archivisti, bibliotecari, assistenti alla vigilanza ecc.).
Che non veniamo assunti anche se serviamo.
Che non vediamo riconosciuto il diritto ad esistere e ad esercitare la nostra professione in modo dignitoso al di fuori delle istituzioni che non ci assumono e che però si servono di noi.
Che subiamo la svalutazione dei nostri titoli di studio, della nostra preparazione e della nostra esperienza.
Che abbiamo tanta voglia di arrenderci perché è stato ormai sancito che tutti possono fare il nostro lavoro, a prescindere dai titoli di studio, dalla preparazione e dall'esperienza.
Che abbiamo tanta voglia di arrenderci, ma non lo facciamo. Non ancora.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/i-nuovi-sprechi-della-cricca/2138669/24

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/23/e-bondi-sistemo-anche-l’ex-marito-della-compagna/78299/

lunedì 22 novembre 2010

Ancora sull'elenco-archeologia preventiva. Ritirare l'iscrizione?

Se vogliamo accontentarci, appunto.
Io non voglio e continuerò, come ho fatto fin dall'inizio, dall'uscita della legge prima e del regolamento istitutivo poi, a ribadire che l'elenco NON è nemmeno l'inizio di una soluzione della questione, anzi è un tentativo (per altro riuscito) di eliminare la questione, eliminando NOI.
Mi sono iscritta all'elenco dopo averci pensato su parecchio, non volevo farlo per esprimere così il mio dissenso.
Però potrei ritirare l'iscrizione, ora. Cancellarmi.
Certo, non se ne accorgerebbe nessuno.
E devo pur mangiare, anche se sono quasi certa che nessuno si accorgerà che sono iscritta.
Ho cominciato a contare le "chiamate"= 0. Segue aggiornamento.

Todos caballeros, ma nei fatti ninguno y tampoco archeólogo, di Franco Campus

Perché questo? Forse perché rispettando la legge, nella pratica, si sarebbe riconosciuta l’esistenza di un elenco di persone professionalmente specializzate a fare quel lavoro, ne...lla concretezza una sorta di “albo” di quelle persone. Un “albo” fatto da persone, i soggetti, che nella tangibilità dei fatti hanno studiato (e molto) e lavorato per fare quel mestiere e che nella maggior parte dei casi hanno conoscenze maggiori di qualche funzionario inserito nelle calde maglie del ministero. Una strada che riguarda anche la nostra Archaeologist’s List, perché il vero spreco, oltre al deperimento dei monumenti è lo spreco continuo delle capacità umane, motivato dal presupposto che se hanno a sufficienza e che quindi, nessuno se ne deve preoccupare. In definitiva concorrenza sleale, furto e presa per i fondelli. Perché se gli altri ordini, le altre associazioni di categoria (come recentemente i grafologi) lottano per ottenere giustamente il quadro dei loro diritti, noi non possiamo farlo? Perché dobbiamo mercanteggiare al ribasso sulla nostra professione e accettare soluzioni pasticciate e di comodo. Le parole chiave sono poche albo, professione, diritti, doveri e giusta e adeguata retribuzione. Questa non è una vittoria, è solo calarsi le braghe. Rispettiamo prima la legge che dice 163, art 95 comma 2 prescrive la costituzione di un elenco al quale siano iscritti unicamente i soggetti menzionati all'art. 95 comma 1 "soggetti in possesso con laurea con indirizzo archeologico e specializzazione o dottorato di ricerca in archeologia e i dipartimenti universitari" pertanto l'elenco non è ricognitivo, ma dovrebbe essere è attuativo della norma di legge. Tutto il resto è fuori della legge e chi sta fuori o chi vuole fare una soluzione ad personam se ne assume la responsabilità, in modo chiaro e pulito.

domenica 21 novembre 2010

Se vogliamo accontentarci....L'elenco dell'archeologia preventiva torna consultivo. Messaggio dalla Confederazione Italiana Archeologi

Grande vittoria degli archeologi: il Direttore Generale De Caro accoglie le osservazioni della Confederazione Italiana Archeologi
L'ELENCO DELL'ARCHEOLOGIA PREVENTIVA TORNA CONSULTIVO

I beni culturali muoiono e noi stiamo a guardare?

Il crollo della Casa dei gladiatori di Pompei ha suscitato un interesse mediatico e politico superiore alle aspettative (invito a consultare la rassegna stampa in http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getsection&id=5&year=2010&month=11).
Un interesse che ha precedenti inosservati (http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-tutela-e-morta-e-di-tutela-si-puo-anche-morire/?printpage=undefined) e che appare strumentale in questo frangente politico. Arrivato addirittura a calendarizzare alla Camera dei Deputati una mozione di sfiducia nei confronti del Ministro per i Beni e le Attività Culturali.
Purché non diventi l'ennesima occasione persa per una politica davvero nuova dei beni culturali.

giovedì 18 novembre 2010

Comunicato Stampa del comitato vincitori e idonei concorso MIBAC 500

COMUNICATO STAMPA 
17 novembre 2010



I TECNICI CHE SERVONO AI BENI CULTURALI, MA CHE LO STATO NON PUÒ ASSUMERE.



Un concorso ha già individuato 96 archeologi e 101 architetti, ma il taglio del 10%, previsto dalla legge di stabilità -ex finanziaria, insieme al prolungamento del blocco del turn over ne impediscono l’assunzione. “Dovremmo poter assumere almeno, e dico almeno, 50 architetti e 80 archeologi per far fronte all’emergenza” ha dichiarato il Ministro Sandro Bondi riferendo in parlamento sul crollo della casa dei Gladiatori di Pompei. 



Archeologia in Sardegna. Il Nur. At

Non mi addentro nella problematica Sardegna Nuragica/Atlantide o professionisti/dilettanti, rimando per questo ai contributi di Alfonso Stiglitz e Marcello Madau e alle relative discussioni (www.manifestosardo.org/?p=5084www.manifestosardo.org/?p=5223#more-5223www.manifestosardo.org/?p=5998#comment-3768).

Pongo una domanda, semplice quasi.
È giusto finanziare con denaro pubblico un'iniziativa discutibile e discussa sotto tanti profili mentre il sistema di conoscenza, tutela, protezione e valorizzazione del patrimonio culturale va in pezzi?


Non si tratta di tappare la bocca a qualcuno, ci mancherebbe altro. Per altro lo spazio per diffondere teorie più o meno fantasiose è sempre garantito e sempre più ampio rispetto a quello per diffondere studi e seri e scientificamente solidi.


È una questione di priorità.

mercoledì 17 novembre 2010

sabato 30 ottobre 2010

Professione "archeologo"

"Elenco degli operatori abilitati alla redazione del documento di valutazione archeologica nel progetto preliminare di opera pubblica".
L'istituzione del suddetto elenco ha provocato legittime reazioni di dissenso da parte degli archeologi, insoddisfatti per come si è concluso il travagliato iter messo in moto dalla cosiddetta legge sull'archeologia preventiva (Codice dei contratti pubblici, artt. 95 e 96).
Si veda ad esempio il documento proposto dall'Associazione Nazionale Archeologi (http://www.archeologi.org/web/news.asp?id=640).
Io non ho mai creduto che l'istituzione dell'elenco fosse il primo passo verso il riconoscimento professionale degli archeologi.
Anche perché ritengo che il percorso sia un altro.
Prima di pensare ad un elenco di professionisti, magari meno pasticciato e più conforme alle reali esigenze del settore, meno confuso è più mirato a delineare diritti e doveri, è necessario
riconoscere che la professione esiste 
stabilire, per legge, che chi interviene nelle attività di ricerca, studio, tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione e fruizione dei beni archeologici (tutte, nessuna esclusa) deve essere archeologo, qualifica subordinata al possesso di specifici requisiti chiaramente delineati.
La sede di tali rivoluzionarie precisazioni (qualcuno prima o poi ci spiegherà le ragioni di una così strenua opposizione) non può che essere il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, lo strumento legislativo vigente in materia.
Dopo ben venga l'elenco di professionisti, magari meno unilaterale e più condiviso.

mercoledì 20 ottobre 2010

Oro buttato

L’eco della trasmissione di Rai 3 Presa Diretta del 27 settembre 2009, intitolata in modo eloquente “Oro buttato”, che ha puntato il dito sui principali mali dei beni culturali, si è già spenta. Persino tra chi li vive direttamente, quei mali, la discussione langue, rassegnazione?, perché dovrebbero occuparsene altri? Forse perché, non sembra superfluo ricordarlo, quei beni culturali, l’oro buttato, è di tutti?
Tagli sistematici, mancato ricambio del personale, sprechi nella gestione delle risorse (la vicenda ARCUS fa rabbrividire, ma anche la polverizzazione dei finanziamenti tra Stato, Regioni, Province, Comuni e chi più ne ha più ne metta, non ha dato e non dà sempre buoni frutti, perchè la tanto sbandierata collaborazione non sempre è tale), disinteresse della classe politica, universalmente intesa, e dell’opinione pubblica.
Tutte cose ben note, tutte cose già dette, e da voci autorevoli, tutte cose sostanzialmente ignorate.
I rimedi sono così banali che fa quasi vergogna ricordarli: investimenti, in denaro e in persone. Seria e trasparente programmazione dell’attività e dei finanziamenti, che non isolino “luoghi spot da governare con i commissari lasciando senza una linea precisa tutto il resto del patrimonio” (intervista a P.G. Guzzo, la Repubblica, 1 ottobre 2009).
Seria gestione e valorizzazione del capitale umano, con risorse economiche e tecniche per mettere a frutto le competenze del personale in ruolo, con programmi di formazione e aggiornamento, con concorsi regolari che assicurino continuità ai diversi livelli. 
Assistiamo da troppo tempo al balletto dei Soprintendenti, che, quando ci sono, cambiano sede ogni 6 mesi, lasciando di fatto senza guida uffici sempre più confusi e invecchiati e sguarniti e, pertanto, spesso inconcludenti –si fa presto a sparare contro le disfunzioni della pubblica amministrazione, senza distinguere tra reale fannullonismo (mi si perdoni l’uso di questo orrendo neologismo), da combattere senza esitazioni, e reale impossibilità di svolgere persino il lavoro di routine, cui è necessario porre rimedio. 
Il prima possibile, senza proclami, senza slogan, con responsabilità, con i fatti.
Soldi, servono soldi. Ma serve anche spenderli bene.
Si fa un gran parlare, non a torto, della necessità di ripensare il sistema di valorizzazione del patrimonio culturale, per migliorarne la pubblica fruizione, fine ultimo di tutto la faccenda.
Io non disapprovo la creazione di un ufficio specificatamente dedicato alla valorizzazione e non ho pregiudizi sulla persona che è stata chiamata a dirigerlo, purché non offenda la nostra intelligenza facendo passare per innovative le proposte finora avanzate. Maggiore autonomia delle strutture museali, direttori manager, più incisiva promozione dei contenuti...non sono idee originali, se ne discute da anni. 
Ben venga la nuova direzione generale per la valorizzazione se riesce a trovare la formula magica che finora è mancata. 
Ciò che disapprovo è il perseverare nell’artificiosa separazione tra valorizzazione e tutela, come se fosse possibile perseguire l’una senza l’altra, e sostenere la prima con cospicui finanziamenti mentre gli uffici preposti alla tutela sono rimasti a secco. 
Non ha alcun senso investire nella valorizzazione e paralizzare la tutela. L’una senza l’altra non sono niente. Se non si tutela non si valorizza, se non si valorizza non si tutela. 
Così il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio:
art. 1: (...)La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura(....)
art. 3: La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione (...).
art. 6: La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica al fine di promuovere lo sviluppo della cultura (....). 
E allora bene i finanziamenti per la valorizzazione, purché siano essi parte di un globale sistema di finanziamenti, ordinario, programmato e proporzionale, dedicato a tutte le attività funzionali alla pubblica fruizione del patrimonio e a tutto il patrimonio. 

Dalla mia, modesta, prospettiva di precaria del settore aggiungerei un altro male, del quale la trasmissione “Oro buttato” ha parlato, seppur brevemente: i lavoratori esterni alle istituzioni, senza i quali anche il poco che si fa non si farebbe e senza i quali, anche nel migliore dei sistemi possibili, non si potrebbe fare molto di più.
Io sono archeologa e parlo di archeologia, e mi sento tanto “oro buttato” pure io. 
L’archeologia soffre di un male ad oggi incurabile: l’assenza di un riconoscimento professionale. L’archeologo, come professionista, non esiste. 
Al di fuori delle istituzioni intendo, a fronte di un esercito di persone (oltre 5000 le domande di partecipazione al concorso ministeriale per funzionari archeologi attualmente in via di espletamento) impiegate, il più spesso come liberi professionisti con partita IVA (ma tra le categorie di professionisti all’Agenzia delle Entrate la voce “archeologi” non c’é) nei cantieri di scavo delle opere pubbliche e private che proliferano nelle nostre città e nei nostri territori pluristratificati, nei siti archeologici, nei musei ecc.
La Costituzione affida, saggiamente e speriamo senza ripensamenti, in via esclusiva allo Stato la tutela dei beni culturali. 
La libera professione dell’archeologo, che per la sua stessa natura ha sempre e indiscutibilmente a che fare con la tutela, non è affatto libera, non può e non deve esserlo. 
Questo non significa che non sia una professione, da regolamentare in modo puntuale e specifico. 
Il meritevole impegno delle nostre associazioni che da anni si battono per un diritto che non pare proprio di troppo, il diritto a non vedersi svalutare e sfruttare competenze e specializzazioni (frutto di anni di studi e di tirocini) che assolvono un interesse pubblico, da solo non può bastare. 
Dall’altra parte, dalla parte delle istituzioni, deve esserci la volontà di definire insieme le regole e, prima ancora, definire chi è archeologo.
Perchè sì, qualche problema di identità lo abbiamo.
Per accedere ai concorsi per funzionario archeologo presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali i requisiti richiesti sono diploma di laurea e specializzazione o dottorato in archeologia. Questo quindi il percorso formativo che mi dà la qualifica?
Nel luglio scorso è uscito il decreto istitutivo dell’elenco dei soggetti idonei ad effettuare le indagini archeologiche preliminari alla progettazione delle opere pubbliche, richieste dalla cosiddetta legge sull’archeologia preventiva contenuta nel Codice degli appalti pubblici (Decreto Legislativo 63/2006, att. 95-96). 
Anche qui si ribadiscono i requisiti minimi. Possono infatti iscriversi nel suddetto elenco “soggetti in possesso di diploma di laurea in archeologia e di specializzazione (non laurea specialistica ma diploma della scuola triennale di specializzazione in archeologia post lauream) o dottorato in archeologia”. 
Tralascio altre perplessità che il decreto pone (possono infatti iscriversi anche i dipartimenti di archeologia delle Università, singoli soggetti vs Università, lotta impari, non però le cooperative e le società archeologiche, che tanto hanno fatto e fanno per l’archeologia preventiva e che ora sono fuori) perchè ciò che mi preme ora è definire i requisiti dell’archeologo. 
Laurea + specializzazione o dottorato.
Tutto a posto quindi? Non proprio. 
Il decreto non specifica con altrettanto dettaglio chi è idoneo a fare gli eventuali scavi archeologici previsti dalla stessa legge. 
Per fare le indagini preliminari, che consistono in ricerche d’archivio, ricerche bibliografiche e ricognizioni dei terreni, bisogna avere la specializzazione o il dottorato, per scavare no. 
La specializzazione o il dottorato non sono requisiti necessari per quello che è indubbiamente il passaggio centrale, e più delicato, dell’indagine archeologica, fondato su un metodo rigoroso e complesso, che si affina con l’esperienza e che garantisce la scientificità dei risultati e l’affidabilità dell’interpretazione e della ricostruzione storica che ne deriva. Perchè?
Probabilmente perchè gli scavi dovrebbero farli le Soprintendenze, dovrebbero appunto. Non ci sono più archeologi nelle Soprintendenze e quelli che ancora ci sono devono stare in ufficio a sbrigare le pratiche burocratiche..gli scavi li fanno gli archeologi esterni.... (io mi mantengo così, con pochi alti e molti bassi, da 10 anni).
Gli archeologi esterni. O chiunque altro. 
La legge consente a tutti, e quando dico tutti intendo proprio tutti, di ottenere dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali una concessione di ricerca (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, art. 89). Il che significa che a fare uno scavo archeologico non deve necessariamente essere un archeologo...Non è scritto da nessuna parte che gli scavi archeologici debbano essere fatti dagli archeologi. 
Nella prassi, poi, ciò avviene, consoliamoci e confidiamo nel buon senso, ma non è detto e comunque non è e non può essere sufficiente.
Che me ne faccio io della mia laurea in archeologia, della mia specializzazione in archeologia, del mio dottorato in archeologia, dei miei 10 anni di cantieri mal pagati, delle ricerche e delle pubblicazioni?
Solo il buon senso, e la solita dannata prassi, spingerà, come ha spinto finora, gli enti appaltanti delle opere pubbliche a chiamare un archeologo, ma NULLA di fatto impedirà loro di chiamare un architetto, un dentista, un ragioniere, un panettiere. 
Ciò non avverrà, probabilmente, ma NULLA impedirà agli stessi enti appaltanti di chiamare non un “soggetto in possesso di diploma di laurea in archeologia e di specializzazione o dottorato in archeologia”, ma uno solo laureato, magari uno con la sola laurea triennale. 
Che, con tutto il rispetto, non potrà avere –e non si pretende che abbia- la stessa preparazione e la stessa competenza, se così fosse che senso avrebbero specializzazione e dottorato?
Ho dato per scontato che si sappia cosa fa un archeologo, in che cosa consiste il mestiere dell’archeologo e quindi che si comprenda da dove deriva l’amarezza di fronte ad una risposta ancora inadeguata e insufficiente. 
Mi è stato fatto notare che comunque l’elenco ministeriale è un passo avanti, prima non c’era ora c’é (veramente non ancora, per ora c’è solo il decreto che lo istituisce), che, ancora una volta, la prassi e il buon senso prevarranno e che le regole ora stabilite si possono migliorare.
Tutto vero, se ci vogliamo accontentare, ma... 
A ben leggere la parola archeologo non compare mai nel decreto (per la verità nemmeno nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). I soggetti in possesso di diploma di laurea + specializzazione o dottorato non sono archeologi, sono solo soggetti in possesso di... Linguaggio da legislatore? Forse.
Archeologi sono solo i funzionari delle Soprintendenze. Ma, se gli architetti sono architetti anche al di fuori delle Soprintendenze, perchè gli archeologi non sono archeologi anche fuori dalle Soprintendenze? Dal momento che esistono e sono la maggioranza e servono o servirebbero, perchè ignorarli? 
Se la laurea, la specializzazione e/o il dottorato in archeologia non fanno l’archeologo, che cosa allora?
Ho fatto tanto, proverò a fare di più, ditemi cosa, fatemelo fare e datemi la dignità di un nome, uno qualunque, di una qualifica da scrivere sul curriculum....
Anche per difendermi dalla pericolosa equivalenza archeologo = appassionato di archeologia, per cui chiunque può fare l’archeologo, senza titoli e, più grave, senza metodo, talora senza serietà, propinarci teorie fantasiose che per l’opinione pubblica hanno la stessa dignità delle ricerche e delle divulgazioni serie che io, “soggetto in possesso di” fatico a fare e, ancor più, a pubblicare. 
Archeologi a metà. Una ingombrante necessità, quasi un fastidio, e non una risorsa.

Oro buttato. È una questione culturale. 
A chi interessa veramente quel patrimonio che la Repubblica Italiana nella sua Costituzione si impegna a tutelare? A chi interessa veramente?
Sarebbe il caso di contarci e poi valutare se ne vale ancora la pena...