venerdì 1 aprile 2011

Gli archeologi e gli altri

Il rapporto confuso tra archeologi e “appassionati di archeologia” è una ferita aperta dell’archeologia in Italia sulla quale di tanto in tanto viene gettato altro sale.
Non sono qui in discussione né l’argomento in sé dello spunto di questa riflessione né, tanto meno, la libertà di pensare, dire e scrivere, che è sacrosanta. Non è questo il punto.
Il punto è l’anomalia dell’archeologia in Italia, che non ha la dignità di professione costringendo gli archeologi a non esistere.
Chiunque si autonomini “esperto” di archeologia, pur facendo un altro mestiere,
e proponga affascinanti teorie su temi di largo interesse trova ampio spazio di divulgazione e si sente autorizzato a delegittimare la ricerca archeologica e chi la fa per mestiere: “si è formato un quadro assai diverso da quello che fino ai giorni nostri certo establishment culturale – vuoi per ignoranza o per salvaguardia di potere – aveva disegnato e fissato sui libri di scuola".
A differenza di qualunque altro ramo della ricerca, le teorie di chiunque valgono quanto, se non di più, di quelle degli archeologi, che non sanno o se sanno nascondono. Perché poi dovrebbero resta inspiegabile.
Non importa se “l’inedito modo di ricercare” non è affatto inedito, come saprebbe chi avesse anche solo una minima idea di che cosa è la ricerca archeologica.
Non importa se l’avvincente teoria è ancora senza riscontri, se “di tutto questo sarebbe ora importante trovare le prove scientifiche”.

L’archeologia è una cosa seria, è una scienza con metodi e strumenti propri e che, ho già scritto altrove, non si improvvisa ma si fonda su un percorso formativo e lavorativo proprio che consente di imparare prima e di maneggiare poi quei metodi e quegli strumenti con la dovuta e necessaria sapienza.
Metodi e strumenti condivisi, che si migliorano e si affinano costantemente e che si possono persino rivoluzionare, come già avvenuto in passato ad esempio con l’introduzione dello scavo stratigrafico, provando senza equivoci la validità dell’alternativa, la capacità di rispondere alla domande storiografiche e la consistenza storica dei risultati che si ottengono.
Metodi e strumenti condivisi che sono il denominatore comune di quelle che possono, legittimamente, essere interpretazioni diverse.
Se è questo il “potere” di cui sarebbero investiti gli archeologi, il potere del metodo, allora sì, siamo tutti impegnati a difenderlo.

Dobbiamo stare attenti a non scivolare lungo la china di uno sterile relativismo secondo cui tutte le teorie sono uguali (quindi inutili), perché esistono ipotesi legittime (in quanto espressione di un pensiero o di un’esigenza umana) ma gratuite e infondate, e ipotesi basate invece su un ragionamento che nel momento in cui si esplica propone anche gli strumenti per la sua verifica, la sua conferma o la sua confutazione. Certo, un paradigma ‘khuniano’, ovvero quell’insieme di teorie, metodi e strumentazioni accettato e condiviso da una comunità scientifica esiste oggi in buona misura per gli aspetti più scientifici dell’archeologia (individuazione, raccolta, descrizione e organizzazione dei dati), mentre paradigmi diversi possono coesistere per quanto riguarda gli aspetti interpretativi e scuole diverse possono convivere: due ricercatori possono studiare sugli stessi libri, far ricorso alle stesse procedure e alle stesse tecniche, ma possono non farne lo stesso uso.” Daniele Manacorda, Lezioni di Archeologia, p. 232

Questo non può e non deve essere aggirato, se il fine è la Storia, seria, il più possibile fondata e che, consapevole dei limiti imposti dall’irrimediabile parzialità dei dati, mira ad avvicinarsi sempre più alla verità.
Perché è questo, e non altro, che dà dignità e autorevolezza ad una ricerca e a chi la fa.

Il "chiunque" potrebbe essere persino una risorsa, proporre un punto di vista diverso e, perché no?, fecondo, ma troppo spesso appare poco serio nel suo ergersi a rivelatore di verità assolute e troppo spesso ridicolizza la ricerca archeologica, gli archeologi e la Storia stessa.
La Storia non è una favola che è lecito interpretare a piacere.

2 commenti:

  1. Mi de-lurko per fare i complimenti per questo blog splendido che seguo da qualche tempo "in silenzio". Mi sto laureando in Discipline artistiche e archeologiche (classe di Archeologia) e inizio anche io a scontrarmi con questo mondo di sottovalutazione e approssimazione della scienza che studio. C'è una qualche consolazione nel leggere che qualcun altro prova lo stesso sentimento di fastidio. :)

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