domenica 14 agosto 2011

L'ARCHEOLOGIA NON E' DEBITO PUBBLICO

I media non sempre riescono, nella sintesi, a far luce sulle reali condizioni del mondo della cultura, spesso banalizzando situazioni molto complesse.
Ci proviamo noi, Associazione Nazionale Archeologi, in questi giorni drammatici per l’Italia,
perché non è accettabile per un paese civile giustificare, vista la crisi economica, ulteriori tagli alla cultura.
Secondo quanto affermato in un’intervista dal sovrintendente romano Broccoli i taglidovrebbero riguardare lo scavo archeologico, su cui da tempo peraltro lo Stato non investe (l'intervista è disponibile online su CorriereTv e presenta, significativamente, un controaltare nelle parole di Carlotta Bassoli, socia ANA Lazio: http://video.corriere.it/archeologi-crisi/077959d4-c3d8-11e0-9d94-686c787ab248).

Generalizzare così significherebbe ammettere deroghe all’istituto della tutela, imprescindibile nelle situazioni di emergenza che si verificano quotidianamente nei lavori che trasformano le nostre città e i nostri territori e dove lo scavo o sorveglianza/assistenza non è un costo per lo Stato ma per il privato committente, da anni.
Questa idea dell'archeologia come un costo eccessivo che non produce un utile tende aledere e rendere ancora più precaria tutta quella popolazione di archeologi professionisti che rende possibile non solo la tutela ma la gestione e la valorizzazione del patrimonio archeologico.

Serve una sola parola: "programmazione".
Anche e proprio dentro la crisi economica ci si può indirizzare verso una corretta gestione delle risorse archeologiche.
Come ANA, suggeriamo d'investire nella corretta pratica dell'archeologia preventiva, che può certamente far contenere i costi e sviluppare i giusti investimenti nel settore, che avranno una ricaduta occupazionale ben oltre la categoria degli archeologi, producendo ricchezza per il Paese.
Inoltre suggeriamo di programmare le attività di studio sui materiali conservati all'interno dei magazzini e finalmente arrivare alla valorizzazione: mostre, percorsi aperti al pubblico e via dicendo.

Cominciamo a “produrre cultura”, proviamo a “narrarla” ai più.
Per farlo servono più o meno le stesse figure professionali e, soprattutto, quella dell'archeologo.

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