venerdì 21 gennaio 2011

Le mozioni di sfiducia al Ministro per i Beni e le Attività Culturali

I testi delle mozioni di sfiducia depositate alla Camera dei Deputati da Partito Democratico-Italia dei Valori e dal Polo della Nazione


Partito Democratico - Italia dei Valori

La Camera,
premesso che:
il crollo della Schola Armaturarum di Pompei rappresenta, anche dal punto di vista simbolico, il fallimento della politica in materia di tutela dei beni e delle attività culturali, e più in generale del valore dei saperi, portata avanti dal Governo in carica sin dai suoi primi provvedimenti;
la cultura è stata considerata, nei fatti e con dichiarazioni esplicite, non come un fattore di crescita civile ed economica, ma come un costo per la collettività, da ridimensionare con progressivi tagli degli stanziamenti del bilancio statale e con iniziative volte a snaturare il valore e la finalità del nostro patrimonio culturale;
il crollo dell'Armeria dei Gladiatori rappresenta uno dei più gravi danni al nostro patrimonio artistico degli ultimi decenni e, giustamente, è stato definito dal Presidente della Repubblica come una vergogna nazionale. Un episodio che, ripreso e divulgato dalle principali agenzie d'informazione e dai quotidiani internazionali, ha arrecato un irreparabile pregiudizio per l'immagine dell'Italia nel mondo;
il Ministro per i beni e le attività culturali non è stato in grado di andare al di là di atti puramente simbolici e ininfluenti, quali la mancata partecipazione alle riunioni del Consiglio dei Ministri in cui venivano adottate le misure di taglio alle risorse del Ministero, né di promuovere alcuna seria iniziativa per la tutela del nostro patrimonio artistico e culturale italiano, come dimostra il crollo di Pompei, peraltro preceduto da quelle delle arcate di Traiano alla Domus Aurea e da quelle di elementi del Colosseo;
peraltro, la scelta di procedere nel luglio 2008, con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3692, al commissariamento della gestione del sito archeologico «per la realizzazione di interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare la grave situazione di pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei» così come la decisione di dichiarare conclusa la fase emergenziale nel giugno dell'anno in corso, con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3884 ha visto il pieno coinvolgimento del Ministero per i beni e le attività culturali sia per quanto attiene alle procedure adottate, che per quanto concerne la supervisione e la valutazione delle iniziative e dei relativi risultati;
ne discende che appare del tutto priva di fondamento giuridico e fattuale la dichiarazione del Ministro volta ad asserire la sua totale estraneità nella responsabilità di quanto accaduto a Pompei;
del resto, anche sulla gestione commissariale non sono mancate le riserve e le critiche di quanti hanno a cuore la tutela del principale sito archeologico del mondo, circa l'applicazione del modello «Protezione civile», basato su deroghe e gestioni fuori controllo, opere faraoniche e grossolane iniziative di marketing, affidamenti senza evidenza pubblica e mortificazione delle competenze del mondo scientifico che da anni studia e vigila sul delicato equilibrio di un sito unico al mondo;
il nostro sistema dei beni e delle attività culturali risulta penalizzato nel suo complesso dall'azione del Governo e dalla visione che ha imposto il Ministro dell'economia e delle finanze, il quale neanche un mese fa dichiarò che «la gente non mangia cultura» e che, pertanto, alla luce di questa massima, ha proposto con la legge di stabilità e con la legge di bilancio, pesanti tagli di risorse per lo svolgimento delle funzioni del Ministero per i beni e le attività culturali, in un Paese che ospita un sesto delle risorse artistiche e archeologiche di tutto il mondo e che ricava una parte significativa del suo prodotto interno lordo dal turismo domestico ed estero;
il Ministro ha privilegiato la sua attività di coordinatore nazionale del Partito del Popolo delle Libertà, piuttosto che i difficili compiti di direzione strategica e amministrativa del patrimonio artistico nazionale;
egli si è quindi dimostrato inadeguato al ruolo conferitogli;
per tali motivi:
visto l'articolo 94 della Costituzione;
visto l'articolo 115 del regolamento della Camera dei deputati;
esprime la propria sfiducia al Ministro per i beni e le attività culturali, senatore Sandro Bondi, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni. 


Polo della Nazione 




Per difendere l’art. 9 della Costituzione, la Cultura e il Paesaggio Italiano.

La Camera dei Deputati,
premesso
che le politiche pubbliche per la cultura sono fondamento indispensabile della civiltà italiana;
che la qualità, la vastità, le stratificazioni del patrimonio culturale italiano – impareggiabili nel mondo – esigono un adeguato e sempre più integrato e complesso sistema di esercizio della tutela, stabilita dall’art 9 della Costituzione ed attribuita esclusivamente allo Stato;
che le missioni della tutela del patrimonio e del paesaggio, della valorizzazione e gestione dei beni culturali pubblici e privati, della promozione delle attività culturali, dello sviluppo delle produzioni culturali, esigono la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti costitutivi la Repubblica, in base alle loro rispettive competenze ed attraverso l’individuazione delle risorse indispensabili per farvi fronte;
che tale assunzione di responsabilità è cruciale per la definizione stessa dell’identità nazionale contemporanea dell’Italia, compito specialmente significativo in occasione del Centocinquantenario dell’Unità;
che l’Italia trae elementi e valori fondamentali per il proprio ruolo nel mondo proprio dalla dimensione culturale, peraltro simboleggiata dal primato conseguito con i siti ed i contesti definiti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO;
che il vasto settore delle industrie creative e delle professioni culturali rappresenta una parte determinante della ricchezza nazionale, in termini di occupazione, di competenze tecnico-scientifiche, di creazione di PIL, stimato nel Libro Bianco sulla creatività del 2008 come uno dei principali macrosettori dell’economia italiana;
che occorre confutare l’infondata teoria circa una presunta autonoma capacità di “autofinanziamento” della cultura, sulla base di astratte ipotesi di sfruttamenti economici di “giacimenti culturali”, o dei proventi turistici; poiché i compiti primari dei poteri pubblici non potranno mai essere sostituiti da meccanismi di mercato, che non potrebbero essere remunerativi rispetto agli imprescindibili e gravosi oneri della tutela, del restauro, della manutenzione, della gestione; si tratta piuttosto di integrare i compiti del pubblico e le opportunità attivabili attraverso meccanismi concreti di incentivazione dell’intrapresa privata, che le attuali disposizioni finanziarie e di bilancio si sono invece incaricate di rendere molto più difficili, se non proibitivi (detrazioni fiscali, crediti d’imposta, sponsorizzazioni, deducibilità di acquisizioni, mostre, spettacoli ed iniziative culturali, etc); nel contesto della caduta dei contributi privati, le sponsorizzazioni si sono ridotte dai 258 milioni nel 2008 ai 181 milioni del 2010, le erogazioni liberali sono diminuite di oltre il 6% tra il 2008 e il 2009, mentre i contributi in conto capitale per gli investimenti effettuati da privati per la tutela e valorizzazione del patrimonio storico artistico vedono lo stanziamento per il 2011 ridursi del 40%;
che, in particolare, il bilancio dell’attuale governo in materia di politiche culturali è disastroso, in quanto
la quota sul PIL del bilancio della cultura si riduce per la prima volta, nel 2011, allo 0,18%, mentre le riduzioni programmate del bilancio Mibac nel quinquennio 2008-2013 raggiungono l’impressionante importo di 2.851.192.154,72 euro;
nel settore della manutenzione e del restauro del patrimonio, la capacità annua consolidata di spesa è stata di circa 450 milioni all’anno, ma la disponibilità totale per il 2011 è pari ad appena 102 milioni, incluso il Fondo del Lotto, così da ridimensionare in modo intollerabile il livello della cura ordinaria e straordinaria del patrimonio, instaurando le condizioni del suo deterioramento e degrado; in particolare, oltre a 4 mln per il fondo di riserva, i 49 milioni della programmazione ordinaria risultano così ripartiti: 5 mln a disposizione del Segretario Generale, 7,3 mln per Archivi e Beni Librari, 132mila euro per Architettura e Arte Contemporanea (sic), 5,5 mln per i Beni Storico artistici (soprintendenze e musei), 10,4 mln per il patrimonio archeologico, 20,5 per i Beni Architettonici e la tutela del Paesaggio;
il ridimensionamento del personale del Mibac sta lasciando drammaticamente scoperti settori tecnici indispensabili, tra cui in particolare architetti ed archeologi; la dotazione organica passerebbe in soli tre anni dalle 23.000 unità del 2008 a poco più di 18.000 nel 2011; il personale tecnico in servizio è pari appena al 13% dell’organico; restano scoperti – e spesso coperti con doppi incarichi di sicura inefficienza – decine di posti di dirigenti di prima e soprattutto di seconda fascia, inclusi numerosi Soprintendenti; nella recente riorganizzazione del Ministero è stata ulteriormente indebolita la struttura posta a difesa del paesaggio italiano;
i recenti drammatici crolli verificatisi nell’area archeologica di Pompei sono divenuti emblematici presso l’opinione pubblica italiana ed internazionale dello stato di degrado che minaccia il nostro patrimonio culturale;
il Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali, prof. Andrea Carandini, ha reso noto a nome dell’intero Consiglio al Capo dello Stato che “in tali condizioni, il nostro Ministero non è più in grado di attuare quanto l’articolo 9 della Costituzione impone: curare il patrimonio culturale”;
nel comparto delle attività culturali, le risorse disponibili sono state dimezzate in due anni, e il pur inadeguato impegno assunto dal Governo di riportare il FUS almeno a 400 milioni di euro è stato disatteso, lasciando le risorse disponibili per il 2011 ad appena 258 milioni;
il rifinanziamento per appena sei mesi dei meccanismi innovativi – e non assistenziali, ma produttivi, come dimostrato dalla stessa Direzione competente del Mibac – di tax credit e tax shelter si presenta come una misura beffarda: un disincentivo alla programmazione d’impresa, anziché un incentivo per il cinema italiano;
anche l’unica riforma di settore che è stata approvata, quella relativa alle Fondazioni lirico-sinfoniche, è impossibile da attuare a causa della mancanza delle condizioni minime per l’espletamento delle attività già programmate e delle necessità contrattuali;
i pesanti tagli apportati ai trasferimenti verso regioni ed enti locali si stanno riflettendo in modo generalizzato sui bilanci della cultura, con conseguenze molto gravi di ulteriore impoverimento delle attività di valorizzazione e gestione del patrimonio e di quelle dello spettacolo dal vivo, e con un forte impatto negativo in termini di chiusura di enti ed imprese culturali nonché di occupazione, come documentato da un recente rapporto di Federculture;
che tutti i ripetuti appelli rivolti dal Ministro Bondi al governo di cui fa parte, nonché le sue richieste rese pubbliche per il ripristino di risorse economiche e professionali indispensabili allo svolgimento dei compiti istituzionali del Ministero sono stati ignorati, ed i suoi pubblici impegni sono stati disattesi – a titolo di esempio, quelli per le assunzioni di personale tecnico all’indomani dei crolli a Pompei, e quelli per il finanziamento dello spettacolo assunti in occasione della Festa del cinema di Roma e nel corso di cerimonie alla presenza del Presidente della Repubblica;
che, dunque, il Ministro – a differenza di altri suoi colleghi – non è stato in grado di far valere la propria iniziativa presso il Presidente del Consiglio, presso il Ministro dell’Economia e in seno alla collegialità del Consiglio dei Ministri, così non riuscendo ad arginare un irreparabile guasto delle politiche pubbliche per la cultura in Italia, che la linea prevalente nel Governo tende a definire come un costo superfluo per le finanze pubbliche; -
in base all’art. 94 della Costituzione e secondo l’art. 115 del regolamento della Camera dei deputati, esprime il voto di sfiducia al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e lo impegna alle dimissioni.

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