giovedì 2 dicembre 2010

Beni culturali arrivederci..o addio?

La seduta parlamentare per la mozione di sfiducia al Ministro per i Beni e le Attività Culturali è saltata.

Era un’occasione speciale perché la politica si confrontasse, in Parlamento, con i proclami delle ultime settimane sull’importanza del patrimonio culturale e sulla necessità della sua tutela.
Perché ai proclami seguisse un serio interesse, se non proprio un impegno, ad affrontare la questione con qualche serietà.

Ma quei proclami erano solo parole, come sempre.
Mentre i problemi restano e resta la superficialità e la manchevolezza dell’approccio politico.

Da una parte (politica) si continua ad ignorare i problemi reali della tutela, a cercare soluzioni laddove non ci sono (per esempio con la stabilizzazione di 150 precari della Protezione Civile necessari “anche in relazione alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale”) anzi che attingere dal patrimonio, disponibile, di professionalità adeguate, accertate e selezionate con criteri trasparenti, a rifiutare di ascoltare chi propone, con le competenze per farlo, misure concrete perché non vada tutto irrimediabilmente perso.

Dall’altra parte (politica) si sorvola e si lascia non fare e imporre iniziative a dir poco discutibili.

Come la stabilizzazione di 150 precari della Protezione Civile necessari “anche in relazione alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale”.
E mi ripeto sì, perché questo provvedimento, passato pressoché inosservato, pone questioni di una certa gravità, anche prescindendo (?) dalla consuetudine ad un immorale esercizio del potere, nei confronti del quale non si indigna, ahimé, più nessuno.

Il provvedimento decreta la svalutazione delle professionalità del settore. Alla tutela del patrimonio culturale non servono archeologi, architetti, storici dell’arte, bibliotecari, archivisti, assistenti alla vigilanza ecc., con la loro formazione ed esperienza specialistica e specializzata, magari anche già valutata idonea alle necessità delle istituzioni che di quel patrimonio si occupano.
È sufficiente disporre di persone, qualunque sia la loro preparazione o competenza, meglio se impreparati o incompetenti. Di beni culturali si possono occupare tutti. Non importa se male.

Il provvedimento tradisce la volontà di liquidare la tutela del patrimonio culturale come “emergenza”, imbrogliando il dovere di considerarla una precisa responsabilità.
Cui far fronte con un’attività programmata e non improvvisata, costante e non estemporanea, supportata da adeguati “saperi” (tecnici e storici) e non da malcelati populismi.

Per (s)fortuna c’è Pompei, che crolla muro dopo muro.
Per (s)fortuna c’é Pompei, almeno finché i crolli faranno notizia.
O finché ci saranno muri da crollare.

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